Inquadramento Sismotettonico

La Pianura Padana si è formata a partire dal Cretaceo a seguito di complessi processi geodinamici legati alla progressiva migrazione della placca africana verso quella europea. Essa è caratterizzata da una spessa coltre di sedimenti alluvionali, che nei punti più profondi arriva a circa 8 km, deposti dal Fiume Po e dai suoi affluenti provenienti dal versante meridionale alpino e da quello settentrionale appenninico. La Figura 1 riporta una mappa geologico-strutturale semplificata, come descritto da Vannoli et al. (2014).

Figura 1 – Carta fisica semplificata

Figura 1 - Mappa strutturale della Pianura Padana (modificata da Vannoli et al., 2014 a cui si rinvia per gli acronimi). Linee nere: principali elementi tettonici; linee bianche: faglie ereditate; ombreggiature grigie orizzontali: Piattaforma di Trento. Il rettangolo delimita l’area rappresentata in Figura 2.



Anche attualmente il fronte alpino meridionale e quello appenninico settentrionale si muovono l’uno verso l’altro, in direzione circa N-S, con una velocità media stimata in 1-3 mm/anno, provocando in profondità un raccorciamento crostale che agisce con sforzi compressivi su faglie inverse localizzate sia al piede delle Alpi Meridionali, sia al piede dell’Appennino Settentrionale. Al di sotto dei sedimenti della Pianura Padana esistono quindi strutture tettoniche attive e capaci di generare terremoti, come testimoniano sia l’occorrenza nell’area di importanti terremoti storici sia la sismicità strumentale. Nella quasi totalità dei casi, le faglie in Pianura Padana sono cieche, cioè non affiorano in superficie, e quindi non sono identificabili da rilevamenti geologici-geomorfologici di superficie.

Secondo il Database delle Sorgenti Sismogenetiche Italiane (DISS; Basili et al., 2008; DISS Working Group, 2015) l’area oggetto del monitoraggio (rettangolo giallo in Figura 2) non interseca alcuna delle sorgenti sismogenetiche finora riconosciute. Tuttavia, entro una distanza di circa 10 km dall’area studio si trovano a NE la sorgente composita ITCS002, appartenente all’arco esterno delle Alpi Meridionali (SAOA), e a S la sorgente composita ITCS044, appartenente all’arco Emiliano (EA)

Figura 2 – Sorgenti Sismogenetiche

Figura 2 – Sorgenti Sismogenetiche Individuali (ISS) e Sorgenti Sismogenetiche Composite (CSS) della Pianura Padana (rappresentate rispettivamente con rettangoli neri e fasce rosse; per le definizioni si veda Basili et al., 2008; immagine tratta da Vannoli et al., 2014). Il rettangolo giallo indica l’area di interesse per il monitoraggio integrato di Cornegliano Laudense. SAMF: fronte montuoso delle Alpi Meridionali; SAOA: arco esterno delle Alpi Meridionali; GS: Sistema delle Giudicarie; SVL: Schio-Vicenza; PTF: fronte pedeappenninico; EA: arco Emiliano; FRA: arco Ferrarese-Romagnolo.

L’area è caratterizzata da una sismicità debole-moderata. La Tabella 1 riassume i principali terremoti storici e strumentali riportati dal catalogo CPT15 (Rovida et al., 2016) entro circa 50 km dall’impianto. L’unico terremoto di vero interesse per l’area del lodigiano è quello del 15/5/1951, noto anche come “terremoto di Caviaga”. Fino a pochissimi anni fa, si riteneva che questo evento fosse stato provocato dalle attività di estrazione del gas praticate nell’area (Caloi et al., 1956). Tuttavia, studi più recenti ne rideterminano l’ubicazione, con l’ipocentro che raggiunge profondità di oltre 30 km (Caciagli et al., 2015), in una posizione compatibile con una faglia ereditata nelle rocce del basamento cristallino. Pertanto oggi a questo terremoto viene attribuita una origine tettonica e non antropica.

Per maggiori dettagli si faccia riferimento alla sezione "Sismicità rilevata" di questo sito, o agli approfondimenti legati alle "FAQ", o alla voce "Relazioni" nella sezione "Dati e Documentazione".

abella 1 – Terremoti storici

Tabella 1 – Terremoti tratti dal catalogo CPTI15 (Rovida et al., 2016) per l’area di interesse del Monitoraggio di Cornegliano Laudense. Gli ultimi tre parametri rappresentano, rispettivamente: Np il numero di punti del campo macrosismico utilizzato per definire l’evento, in assenza di registrazioni strumentali; Imax l’intensità macrosismica massima osservata; Mw la magnitudo momento (stimata o derivata strumentalmente).